Etnologia della cocaina

Articolo di Leonardo Montecchi, Cinzia Bertuccioli ed Emanuela Tattini

Da qualche anno a questa parte i consumatori di cocaina si rivolgono al nostro Sert per i problemi che si presentano nell’uso di questa sostanza. La nostra esperienza è orientata sulla dipendenza da oppiacei. Tutto il servizio e le comunità terapeutiche sono, per così dire, “eroinocentriche” ma il numero crescente di persone che ci presentano problemi correlati alla cocaina ha prodotto la necessità di una ricerca per capire questo fenomeno che non è una variante della dipendenza da eroina ma presenta degli aspetti specifici che vanno compresi per organizzare gli interventi di prevenzione , cura e riabilitazione.

In particolare non è sufficiente, a nostro avviso, una conoscenza degli effetti farmacologici della sostanza, da soli questi effetti non sono in grado di spiegare il fenomeno del consumo di cocaina. Infatti gli effetti farmacologici sono percepiti da una soggettività che costruisce un significato all’interno di una situazione. Per questo motivo è necessario indagare in primo luogo gli effetti di senso di una realtà separata.

Il metodo etnografico

Il metodo che abbiamo scelto di utilizzare per osservare questo mondo è l’etnografia. Non si tratta, in questo caso, di una etnografia esotica rivolta a popolazioni lontane ma di etnografia urbana che si indirizza alla osservazione di fenomeni e di sottoculture che convivono nella dimensione urbana più estesa.

Il metodo etnografico si basa, preliminarmente sulla sospensione del giudizio, sulla epochè, di cui parla Husserl. L’epochè prevedendo la “messa fra parentesi ”dei giudizi morali”, è un atteggiamento, uno sguardo alla Nietzsche, al di la del bene e del male e guida l’etnografo alla raccolta dei dati.

Si tratta di una fenomenologia sociale che prevede una pratica per raccogliere i dati. Infatti i dati sono raccolti sul “campo”, per questa prassi è necessario andare nella terra che si vuole conoscere e prendere contatto con chi la abita e la riempie di relazioni sociali.

Vi sono tre modi per osservare in un campo, questi tre modi sono stati codificati da Adler & Adler: Si tratta di:

  • osservazione periferica: il ricercatore partecipa sufficientemente a ciò che accade nelle situazioni studiate ma non è coinvolto nel campo di studio
  • osservazione partecipante: il ricercatore entra nel campo e si coinvolge ma non perde ne nasconde la propria identità. Mette in atto una dissociazione strumentale (J. Bleger) per poter essere nella situazione ed allo stesso tempo descriverla.
    Vi sono dei casi in cui l’osservatore partecipante, pur mantenendo la propria identità di ricercatore, dunque, senza perdere di vista l’obiettivo, finge l’appartenenza alla cultura oggetto di indagine per provare a descrivere il fenomeno “come se” lo vivesse in prima persona. Sono i casi, ad esempio delle ricerche nelle istituzioni totali di Goffman e di Rosenhan.
    Tuttavia questo metodo presenta notevoli problemi etici: la simulazione e in alcuni casi, come il nostro, può essere facilmente confuso con la tecnica dell’infiltrazione poliziesca e diventare inutilmente pericoloso.
  • osservazione completa o conversione alla cultura che si sta osservando: può essere data dall’appartenenza preliminare al gruppo-contesto oggetto di indagine, oppure può essere tale quando il ricercatore si converte alla cultura che sta indagando, come nel caso di Carlos Castaneda.

Questa classificazione può essere pensata anche in funzione del grado di implicazione. L’implicazione (R. Loureau) è il grado di coinvolgimento del ricercatore con l’oggetto della sua indagine. Dove c’è il massimo di implicazione c’è una relativa cecità, non c’è possibilità di osservare un campo in cui si è totalmente implicati: si vede l’albero ma non la foresta.

Così il minimo di implicazione non corrisponde alla “oggettività” ma alla deformazione dettata dalla resistenza/difficoltà ad implicarsi nel campo: si vede la foresta ma non l’albero.

Queste resistenze appartengono alla soggettività dell’osservatore e divengono materiale di analisi. Si sa che queste resistenze vengono descritte come controtransfert nell’opera di George Devereux.

Nel nostro caso abbiamo utilizzato sia l’osservazione periferica che l’osservazione partecipante. Sono stati raccolti in questo modo diversi tipi di documenti che vanno da interviste non strutturate a conversazioni, a rapporti di osservazione partecipante in situazioni tipiche del mondo che andavamo ad esaminare.

Accanto a questi documenti vi sono anche autobiografie che provengono direttamente dalla “sottocultura” della cocaina, sono osservazioni complete.

In particolare vi sono delle differenze importanti tra i documenti che provengono da interviste a persone che sono entrate in contatto con il circuito della cura (interviste presso i Sert) o della repressione (interviste nel carcere) e i documenti che provengono dal “mondo della coca” senza nessuna mediazione, il mondo raggiunto tramite la tecnica della “palla di neve”: conosco una persona che conosce un’altra che è uno che si fa la cocaina e così via risalendo un immaginario fiume per arrivare al “cuore di tenebra” di quel mondo.

Questo materiale è stato impegnato per due tesi una della facoltà di Psicologia di Bologna ed una della facoltà di Psicologia di Urbino.

Il materiale così raccolto è stato poi analizzato in incontri del gruppo di ricerca.

In questi incontri abbiamo provato a costruire una etnologia della cocaina.

La famosa polverina chiamata cocaina

Il metodo etnografico ci ha permesso di entrare in contatto con il “mondo” dei cocainomani. Questo mondo si presenta con specifiche caratteristiche che lo contraddistinguono dagli altri mondi. E’, riprendendo l’analisi di Alfred Schutz, una provincia di significato, in cui non valgono le regole di altri stati di realtà. In questo, come in altri mondi paralleli, vi sono significati immaginari sociali che determinano il senso delle relazioni fra gli attori che interagiscono nelle specifiche situazioni di quel mondo.

Nella ricerca dei significati immaginari sociali che emergevano dai testi raccolti, interviste o biografie, abbiamo cominciato a percepire una atmosfera particolare: l’atmosfera del mito.

Tutte quelle parole, tutti quei racconti si potevano riallacciare ad un’unica narrazione che a sua volta si riferiva ad una situazione senza tempo e ad attori senza storia che interagivano in una sfondo indifferenziato, senza nessuna connotazione, come in un quadro di Francis Bacon.

Questa scena, la scena della cocaina, ha precisamente il potere del mito, un mito contemporaneo, un mito d’oggi, come diceva Roland Barthes.

Riflettiamo su questa scena: un ragazzo di 14 anni si trova con un suo amico che tira fuori da un sacchettino una polvere.

Ad una prima analisi ci troviamo di fronte ad un significante: polvere e al significato: cocaina. Quella polvere non è una polvere qualunque, fra tutte le polveri, di colore bianco, di consistenza fine, quella polvere, tirata fuori da un sacchettino, diventa significativa: è cocaina.

Non è una analisi chimica della polvere a fare si che tra le innumerevoli polveri possibili quella polvere sia “La cocaina”, è l’amico che ce l’ha a garantire il nesso di significato. La scena ci dice: io sono un tuo amico e non ti prendo in giro, ti faccio vedere questa polvere che è La cocaina. L’interpretante, in questa interazione, si fida. E’ una relazione di fiducia, in questo caso a far si che il significante “polvere” significhi cocaina.

“Io ti dico che questa è cocaina”

Ma, non c’è solo questo significato nella scena, la scena ci dice anche che il ragazzino di 14 anni entra nel “mondo dei famosi” dalla porta della cocaina, dalla porta della “famosa polverina”.

Il mito della cocaina è il mito della polvere che rende celebri. L’uso di questa sostanza fabbrica un soggetto nel mondo dei famosi.

Dunque, la scena ci comunica che chi usa la “famosa” polverina diviene a sua volta famoso, oggetto di ammirazione e di invidia da parte di chi è escluso da quel mondo.

Il mito è questo, e se seguiamo l’analisi di Barthes scopriamo che il significante: polverina ed il significato cocaina, diventano un segno “essere importanti” e diventano a loro volta un significate per un altro significato :il significato mitico: se hai e usi questa polverina, che è la cocaina, il divertimento dei famosi, delle persone importanti, della gente di cui si parla, tu diventi uno di loro. L’uso di questa polverina è la porta d’ingresso del mondo dei famosi. Tu sei uno di loro perché usi la “famosa polverina”.

 

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Significante1 – Significato 2

Polverina – Cocaina

Segno Significato

 

Un Divertimento dei famosi l’uso fa diventare importanti

Vietato

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Cocainità

Il mito è la cocainità. Chi è nel mondo della cocaina è famoso ed importante e si diverte. Si gode la vita. Sono questi i significati mitici connessi.

L’elemento centrale del mito è il superamento di un divieto. Il divieto esclude gli “ingenui”e i non “coraggiosi” dal mondo delle persone “veramente” importanti.

Il superamento del divieto diviene anche una iniziazione alla conoscenza “segreta” che la polverina è l’”ambrosia” dei divi moderni.

Questo mito ottiene il risultato di togliere le determinazioni storiche e sociali ad un fenomeno.

Tutto diventa “naturale” cioè l’effetto di significato immaginario sociale si attua nel presente, nell’agire comunicativo, negli atti di parola e prescinde dall’analisi della sua produzione. Il mito, che è un prodotto di un sistema di produzione simbolica, viene vissuto ed agito come “naturale”.

Anzi la “storicizzazione “del mito, la sua analisi, toglie al mito la sua forza di convincimento. Aprire un mito e guardarlo dentro è come smontare un giocattolo che sembrava funzionare magicamente. La visione delle molle o dei microchips toglie l’aura magica e può permettere la costruzione di un nuovo gioco assemblando parti diverse di giochi diversi.

Queste macchine imperfette sono il contrario dei miti, non si presentano come apparati di cattura e di imposizione di soggettività precostituite ma come concatenamenti di soggettività multiple in costituzione.

Ma tornando al mito della cocainità, possiamo analizzarne anche la struttura narrativa, infatti, nelle interviste e nelle biografie raccolte si può ritrovare costantemente uno schema narrativo che può essere pensato come un testo che viene costantemente messo in scena dagli attori.

In particolare seguendo Greimas possiamo proporre la nozione di isotopia per rinviare ad una concezione del significato come “effetto del contesto” cioè come qualcosa che non appartiene alla parole prese singolarmente, bensì risulta dai loro rapporti all’interno dei testi. Dai testi che abbiamo preso in esame: interviste e autobiografie, emerge un insieme, un contesto di riferimento diverso dalla sommatoria dei suoi elementi.

Abbiamo chiamato questo contesto: Isotopia della droga, a questo contesto particolare si oppone un’ altra isotopia che chiamiamo isotopia della vita quotidiana.

Per rappresentare queste opposizioni ci serviamo del quadrato semiotico che ci permette di evidenziare i semi e cioè le più piccole unità di significato che tuttavia non hanno un significato in se ma in relazione ad un altro seme, cioè acquistano un senso per differenza e contraddizione.

Nel nostro caso il quadrato è questo:

Il quadrato semiotico è la struttura elementare della significazione delle narrazioni che abbiamo analizzato. Così l’isotopia della droga, che in questo caso abbiamo ricondotto ai due semi cocaina ed eroina assume il significato di “divertimento” quando la cocaina è posta come contrario della eroina e dunque sul lato sinistro del quadrato troviamo che il divertimento è l’assenza di eroina e la presenza di cocaina, invece la necessità è significata dalla presenza di eroina e dalla assenza di cocaina.

La necessità è la caratteristica della dipendenza ed è legata al significato droga. Così in questa isotopia, in questa provincia di significato, chi fa cocaina si diverte e chi fa eroina lo fa per necessità. Per questo struttura del significato vediamo che chi assume cocaina non si considera “drogato”.

Tuttavia, nella isotopia della droga si vive in uno stato umorale di euforia o disforia, accentuato in chi fa uso contemporaneamente di cocaina ed eroina, nella forma chiamata speed bool.

Naturalmente l’isotopia della vita quotidiana, che si oppone a quella della droga è caratterizzata dalla non presenza né di eroina né di cocaina, ma non troviamo né il divertimento né la necessità, anzi, le descrizioni che vengono fatte della vita quotidiana si caratterizzano per la dominanza della noia o peggio ancora della disforia, cioè di uno stato umorale spiacevole.

C’è un percorso di entrata nel mondo della cocaina. Questo percorso non è immediato. Non basta il semplice consumo della sostanza, è necessario un addestramento per imparare ad essere un consumatore di cocaina, durante questo vero e proprio training si apprendono anche le forme narrative per poter vivere in modo significativo l’esperienza.

Non è sufficiente l’effetto farmacologico delle sostanze a spiegare il mondo separato dei consumatori ed anche l’effetto deve a sua volta, in primo luogo fare i conti con il significato che si attribuisce a quel effetto.

Dunque, riprendendo l’analisi di Howard Becker abbiamo delineato un percorso attraverso cui si entra nel mito della cocaina. Un percorso di formazione che ha diverse tappe e che può essere interrotto se l’apparato di cattura, di cui abbiamo detto viene smontato e ricomposto per una altra funzione.

Così come proviamo a fare con questa ricerca:

Il percorso attraverso cui si diventa cocainomani è descritto da queste tappe:

Venire a sapere, procurarsi la cocaina, imparare la tecnica per assumerla, imparare a percepire gli effetti, imparare a godere degli effetti, prendere coscienza degli effetti negativi.

Ognuna di queste tappe è documentata dal materiale della ricerca etnografica:

Venire a sapere

“Sapevo cos’era anche se non l’avevo mai vista e non ne avevo mai avuto a che fare”.

Di solito chi comincia a fare uso di cocaina ne ha una conoscenza immaginaria, dovuta a un mito contemporaneo.

“La vidi per la prima volta a 14 anni, mi trovavo in un garage di un mio amico quando lui tirò fuori un sacchettino con dentro la famosa polverina chiamata cocaina”.

Il mito è il risultato di una macchina che produce celebrità per tutti, non solo per pochi privilegiati, come dice Andy Warhol: “ognuno può essere famoso per almeno 15 minuti”.

“Con tutti i film che ci fanno vedere al giorno d’oggi in TV non ero sorpreso o stupito perché mi sembrava già di conoscerla”.

La cocaina ha un’immagine legata al lusso e alla celebrità, sembra che chi l’assume possa diventare famoso: un VIP.

“Alcune compagnie di ragazzi ti facevano capire che se l’avevi e ne facevi uso eri più considerato, più rispettato (…) averla dava potere, ti rendeva importante”.

L’immagine della cocaina è legata al divertimento, non c’è associata un’emozione sgradevole o tragica. Si ride, è il divertimento dei famosi, è il divertimento di chi è “tosto” e non ha paura di provare sensazioni nuove: “io per non fare la figura della guastafeste e per cercare di recuperare un po’ di punti ai suoi occhi (il fidanzato) sembrando una tipa tosta che non si fa problemi, chiesi loro di poter tirare anch’io”.

“All’inizio la prendevo per farmi grande e sentirmi alla pari con la gente che frequentavo, che era tanta e di ogni età. Poi è successo che stavo bene soltanto quando l’avevo in tasca, averla mi dava sicurezza”.

Oppure: “avevo da poco compiuto 15 anni, quando per la prima volta un amico mi fece provare una cosa nuova, un qualcosa di diverso o come diceva lui : “- una nuova forma di divertimento – ”.

Procurarsi la cocaina

L’immaginario diviene reale solo se si è in grado di procurarsi la “famosa polverina”; questa conoscenza non è data a priori ma viene appresa con un addestramento:

“gli amici che di solito ci vendono il fumo sono tornati con la cocaina, quella è stata la prima volta che l’ho vista, questi ragazzi ne avevano un bel pacco”.

“Un ragazzo me l’ha fatta sentire, ha aperto il pacchetto, ne ha presa un po’ con il dito e me l’ha strofinata sui denti e sulle labbra, mi ha anestetizzato. Ho chiesto quanto costava: 70 € al grammo. L’avrei comprata ma era cara. Due settimane dopo io ed un mio amico abbiamo messo da parte i soldi e l’abbiamo comperata”.

Ma sembra che sia necessaria un’offerta che si caratterizza con una dimostrazione promozionale.

La dimostrazione può avere le caratteristiche di un messaggio falsamente negativo che induce il desiderio tramite la proibizione. Un messaggio che dice: “non fare come faccio io, ma io posso fare cose che a te non sono permesse”. Un messaggio perverso: “all’epoca ne avevo già sentito parlare e quando vidi lui sniffarsela gli chiesi se avessi potuto farne una anch’io. Ma lui si rifiutò dicendomi che non faceva per me e di non provarla mai”.

La dimostrazione serve ad imparare come, dove e da chi si compra la cocaina: “abbiamo chiamato uno dei ragazzi che ce l’aveva fatta vedere e lui ci ha chiesto “Foggia o Como?”. Abbiamo risposto Como, Foggia vuole dire fumo, Como cocaina. Ha chiesto se avevamo gli euro, abbiamo risposto di sì, allora ci ha detto che ci aspettava a casa sua. A casa sua ce l’ha data, una pallina”.

Si compra da gente particolare che assume la caratteristica dei VIP, delle persone importanti, secondo l’immaginario sociale dominante: “Si compra solo da gente che si conosce, è gente che sta bene, gira in Porsche, lavora e la sera tira e vende, si è fatta un sacco di soldi”.

Oppure si compra da amici o da persone più anziane di cui ci si fida: “frequentavo persone più anziane di me che sniffavano ed io ho preso esempio da loro”, “ con il mio gruppo di amici,…me la offrivano oppure la compravamo insieme da altri amici”.

E l’acquisto avviene di solito in abitazioni private: “Ci si procura la cocaina da un amico o dall’amico di un amico, in casa tra conoscenti. So che la vendono anche per strada, ma non sono mai andato, anche per non andare dove c’è gente che si sa … anche perché si prendono delle fregature”.

Imparare la tecnica

Non è possibile assumere la cocaina se non si conosce la tecnica per farlo. Bisogna imparare il modo di consumarla. Vi sono tre diversi modi di consumo. Il primo e più diffuso è “ tirarla “, cioè assumerla per via endonasale.

“Prima di tirarla bisogna pulire una superficie, bisogna stenderla e poi montarla e poi…ogni tanto rimane il naso bianco, sporco e tutti dicono: cosa hai fatto?

C’è un addestramento effettuato brevemente da chi la vende, di solito “un amico”: “a casa sua ci ha dato una pallina, ci ha spiegato come fare, ma ci eravamo già informati da amici che lo avevano già fatto. Siamo andati nel garage del mio amico. Abbiamo messo la pallina su una copertina di un Cd di plexyglass, si scalda sotto con un accendino, si manipola la cocaina con schede telefoniche fino a che scaldandosi diventa polvere. L’abbiamo divisa in righe con le schede poi con 5 € l’abbiamo tirata”.

Un altro modo di assumerla è fumarla con varie tecniche: “si mette la colla sulla sigaretta e si bagna sulla cocaina “ oppure “ si bagna la sigaretta con la saliva e la si arrotola nella cocaina e poi si fuma“.

Molto diverso è il modo di assumere cocaina sotto forma di crack: “l’ho fumata con la stagnola e la bottiglia, eravamo in gruppo, ho imparato lì come si fa”, “ …la mistura (il crack) si fa con cocaina pura, lievito di birra, si scalda, il lievito di birra fa reazione, diventa una pallina marroncina. Questa pallina poi la sgretoli, fa un cristallo duro, tu la sgretoli e la versi nella cenere vergine di sigaretta, poi la fumi in pipe fatte da un narghilè realizzato con una bottiglia o una lattina…”.

Oppure si può assumere per via endovenosa: “L’ho sniffata per circa tre anni, poi appena potevo me la iniettavo con prepotenza, dico appena potevo perché se ero in compagnia di persone che non toccavano ago la sniffavo.”

Imparare a percepire gli effetti

Anche se si conosce la tecnica corretta per assumere la cocaina è necessario un addestramento per percepirne gli effetti: “…mi disse che appena ci fermavamo da qualche parte mi avrebbe offerto due righe, dicendomi che forse, non conoscendo la droga non avrei sentito l’effetto che mi poteva fare. Ed infatti fu così.”

Se non si percepisce l’effetto si può abbandonare l’idea di continuare l’uso: “dopo quella volta non fui preso troppo da quella droga essendo troppo costosa.”

Infatti anche il costo della sostanza scoraggia la reiterazione dell’esperienza se non si impara a percepirne gli effetti.

Ci può essere anche un effetto di delusione in relazione alla enorme aspettativa legata all’entrata nel mito della cocaina, la famosa polverina: “quella volta, la prima volta non mi sembrò quello che pensavo che fosse …”

Ma ci si può anche suggestionare rappresentando gli effetti di cui si è venuti a sapere “…per molti penso sia un fatto cerebrale, anche sta coca, la ragionano? Lo sanno perché la tirano, che effetto può dare? Perché con la coca puoi stare anche tranquillamente fermo, tranquillo, a vederti una qualsiasi cosa, non essere schizzati come lo sono tanti…schizzano ma poi hanno tirato il bicarbonato e il sale …”.

Si devono anche superare degli effetti negativi per percepirne gli effetti positivi: “… c’erano già stese sul tavolo quattro righe di coca colombiana gialla. Quella volta ho vomitato, era troppo forte”

Oppure può capitare che si percepiscano solo gli effetti negativi. “…la coca, a mio parere, non dà uno vero sballo, ti agita solamente, ti fa battere il cuore,ti dà una certa carica, ma odio l’amaro che lascia in bocca, dopo pochi minuti dalla sniffata, mi fa impressione.”

Per percepire gli effetti della cocaina è necessario riconoscere lo sballo, ossia prendere coscienza di essere in cocaina: “… tempo 5 secondi: cuore a mille, occhi pallati. Siamo usciti, è durata due ore e mezzo”.

“…La sua assunzione mi dava un piacere intenso accompagnato dalla totale assenza di pensieri o di preoccupazioni varie, un piacere tutto di lei, anche quel suo odore forte e quel suo gusto così amaro”.

Imparare a godere degli effetti

Per continuare ad usare cocaina bisogna imparare a goderne degli effetti, cioè è necessario decidere che gli effetti che si provano sono positivi per chi la sta assumendo. Non si dorme, c’è una forte eccitazione e palpitazioni cardiache, c’è una lucidità di pensiero ed una comunicazione migliore con le persone; ci sono sentimenti di minaccia e sospetto, la luce dà fastidio. Bisogna decidere di continuare ad usare la cocaina se questi effetti si dimostrano positivi per il soggetto: “…..quando non tiri troppo stai bene, alla fine eravamo inchiodati, siamo stati seduti 10 ore di seguito a parlare e a bere, con le serrande giù perché la luce dava fastidio. E’ più piacevole quando ne usi meno. Se la fumi devi stare a casa. Sei un po’ ombrato. Si dice così. Hai paura, vedi le ombre, vedi le cose che non ci sono. Quando fumi non parli, ti danno fastidio i rumori. C’è gente che va in paranoia, ascolta i rumori. Se uno è sospettoso poi si trasmette agli altri. Si fuma perché ti dà una briscola in testa. E’ bello lo sballo, dopo subentrano le ombre”.

C’è chi trova la medicina per risolvere problemi di timidezza o di depressione: “mi sembrava di aver trovato una medicina ideale per la mia depressione ed i miei malumori così frequenti. E devo dire che quando la prendevo mi bastava solo lei”.

Oppure: “la cocaina mi è servita. Io sono una persona timidissima. Ero, lo sono ancora e quando l’ho conosciuta mi ha aiutato ad essere quello che oggi sono. Molto più allegro, molto più sfacciato”.

Anche altri effetti, come il non sentire il senso della fatica o il non avere sonno possono essere utilizzati: “un paio di sniffate ed arrivavo tranquillamente alle 5 del mattino. Senza accusare fatica. Non sudavo neppure. Non sentivo la fatica, il cervello sveglio e lucido, ma avvolto da una speciale nebbia che mi filtrava tutto: dalla fatica ai pensieri. Lavoravo come uno schiavo, potevano anche frustarmi, tanto non avrei sentito nulla”.

Anche per quanto riguarda la sessualità è necessario imparare a godere degli effetti della cocaina, bisogna cioè sapere se la coca è un mezzo per migliorare la sessualità o un fine: “ad alte dosi sessualmente non c’è nemmeno l’erezione mentre a piccole dosi avevo prestazioni migliori”.

Lo stato di eccitazione è l’effetto più ricercato che spinge a continuare l’esperienza: “anche prima di tirare avevo uno stato di eccitamento, di voglia di sentirmi super, adrenalinica. Senti l’adrenalina che sale, hai voglia di fare tutto……di carica sessuale….”

Si tratta sempre della sensazione fisica, di entrare in un mondo super, di prestanza, per il tempo di durata dell’effetto della coca, del mondo delle celebrità, delle persone importanti, dei divi, dei geni: “Einstein era uno di quelli che l’assumeva”.

Per godere meglio degli effetti è necessario diventare esperti nel riconoscere la qualità della “ famosa polverina “, anche se non è da tutti arrivare a questa tappa.

“ Io avevo sempre roba buona; quella porcheria tagliata con anfetamina, mannosio, farina, topicida se la compravano i poveretti e gli allocchi. Io e i miei compari eravamo serviti bene.”

Anche la quantità è una variabile importante per godere meglio degli effetti:

“ Molto dipende dalla quantità che tu assumi e dalla qualità perché se dopo ti danno…anfetamine, cose varie,…però se tu assumi in un certo determinato modo…”

Alcuni, un’elite, arriva ad un uso ragionato; questa elite guarda con una certa sufficienza chi è troppo coinvolto e non sa ricavare il meglio dall’uso di cocaina.

“ Adesso è un uso modico, potrei benissimo farne a meno….però…poi avendo provato cose veramente eccellenti, capisci com’è la differenza, com’è l’uso, più comunque da adulto”.

“Adesso la sto vivendo come la prima volta che l’ho fatto, come piacere momentaneo, senza bisogno di nascondersi, di andarla a cercare.”

La “carriera” del cocainomane prevede, quindi, il susseguirsi di tappe che portano al “mondo della coca”, a questa particolare provincia di significato. Ma ci sono anche porte di uscita da questo mondo che corrispondono a tappe non superate.

Ecco l’ultima e più importante porta di uscita: gli effetti negativi.

Gli effetti negativi

La percezione degli effetti negativi è fondamentale per prendere coscienza della situazione di dipendenza: “quando tornavo a casa in macchina, mi sentivo perseguitato. Passavo l’intera notte sveglio. Mi sentivo depresso a volte a tal punto da volermi tagliare la testa con l’accetta. Ero anche dimagrito. Lì mi accorsi che non lo facevo più per il gusto di sentire l’effetto, anzi ogni volta che lo facevo, puntualmente ero oppresso dalla paranoia. Quando la sniffavo ero assalito dalle paranoie ma se non lo facevo, in un certo senso non stavo bene. Penso che era dovuto tutto al fatto psicologico”.

Ci sono anche effetti molto potenti e fortemente sgradevoli: “avevo allucinazioni: ragni sul muro o se guardavo un quadro in casa mia, mi sembrava di vederci qualsiasi cosa. Durante la notte mi sembrava di vedere bagliori di luce (tipo luce intermittente) nonostante gli occhi chiusi. Durante il giorno mi sembrava di vedere, a volte con la coda dell’occhio, delle ombre nitide, se ero al telefono stravolgevo quello che mi veniva detto. Quando ero per strada mi sentivo inseguito, avevo la sensazione che la polizia mi stesse inseguendo”.

Questi effetti negativi non sono sempre riconosciuti come effetto della cocaina e spesso portano a ricoveri obbligatori in ambiente psichiatrico: “quando assumevo coca dormivo pochissimo (tre ore per notte circa), mangiavo quasi niente, solo yogurt e gelati perché sentivo la necessità di introdurre liquidi a causa della eccessiva sudorazione. A livello psicologico ero diventato paranoico: avevo sempre paura di essere inseguito dalla polizia, pensavo che la fidanzata mi tradiva, vedevo la sua auto ovunque e vedevo lei dovunque, sentivo la sua voce anche se fisicamente lei non c’era. Ho iniziato ad avere allucinazioni visive ed uditive (questo a dosi elevate, 10 grammi al giorno), mi è capitato più volte di vedere sul mio corpo dei ragni che deturpavano la mia pelle. Per cui con l’ago della siringa (sempre a portata di mano) cercavo di bucare la pelle nel tentativo di uccidere questi animali. Non si tratta solo di un sospetto, è la convinzione di vedere o sentire certe cose. Passavo ore davanti allo specchio credendo di schiacciare brufoli o altro, in realtà la pelle non aveva impurità, io la deturpavo con le mie azioni. (….) A questi livelli perduravo per 40/50 giorni circa, poi necessitavo di un ricovero ed una volta uscito dall’ospedale ricominciavo”.

I ricoveri non sono sufficienti ad uscire dal mondo della cocaina che è ormai diventato un incubo psicotico. Malgrado il fatto che il mondo dei famosi si sia trasformato in un inferno orrendo, sembrerebbe che l’unica via d’uscita sia la momentanea sostituzione della cocaina con l’eroina: “non sono riuscito a disintossicarmi da solo, nonostante gli svariati ricoveri e le terapie farmacologiche assunte. Per fare ciò ho dovuto ritornare all’uso/abuso di eroina, successivamente sostituito dal metadone e quindi scalare il metadone stesso”.

“l’unico sistema che ho trovato per smettere con la coca è stato quello di sostituirla con l’eroina”.

Ma ci sono altri effetti negativi, che non fanno parte della percezione degli effetti, ma appartengono comunque al mondo della cocaina.

Usare cocaina ed entrare nella cerchia degli importanti può portare a diventare spacciatori perché in un certo mondo averla, poterla venderla agli altri oltre a farne uso porta ad essere più considerati, più rispettati:

“Averla dava potere, ti rendeva importante…così senza accorgermene ero diventato uno spacciatore, un delinquente…è fatica rinunciare ad un tipo di vita molto sostenuta e facile da mantenere così vai avanti senza accorgertene…a questo punto succede sempre qualcosa che ti fa capire e prendere una strada, non sempre giusta. Nel mio caso mi hanno arrestato e messo in galera.”

Conclusione

Questa ricerca ci mostra come un consumatore di cocaina non si consideri come un eroinomane cioè non si pensa un “tossico” ma come un edonista che vive o vuole vivere in un mito fatto di celebrità, divertimento e alte prestazioni.

Chi vive la “cocainità” non pensa di avere nessuna necessità di aiuto.

Entrare in contatto con questo mondo, tramite questa ricerca, ci è servito a conoscere lo specifico modo di pensare.

Solo l’insorgenza degli effetti negativi produce una relazione con i servizi addetti alla cura, tuttavia problemi per i consumatori nascono da subito, per questo un approccio non moralistico e non orientato sull’eroina può essere un modo per intervenire in questa realtà sia per ridurre il danno sia a scopo preventivo.

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