Articolo di Leonardo Montecchi, Michele Maurizio D’Alessio e Antonio Nigro
Il Centro di Osservazione Diagnosi e Terapia Breve di Vallecchio è un programma della cooperativa sociale Cento Fiori in collaborazione con la A.S.L. di Rimini. Il Centro si rivolge a casi di Doppia Diagnosi cioè la dipendenza da sostanze in comorbilità psichiatrica. L’organizzazione si basa sulla concezione operativa di gruppo e prevede colloqui individuali, di gruppo e familiari e terapia psicofarmacologica che comprende l’utilizzo di metadone e buprenorfina.
L’intera istituzione gioca un ruolo terapeutico, con le attività lavorative, educative e ricreative. I tempi di trattamento sono di circa tre mesi, lo scopo delle osservazioni e del trattamento è la formulazione della diagnosi e di una indicazione terapeutica successiva. La procedura diagnostica viene effettuata in équipe componendo le osservazioni effettuate nei colloqui individuali, gruppali e familiari, le attività lavorative e ludiche e le altre attività quotidiane. L’équipe è composta da tirocinanti, educatori, psicologi, psichiatri e capi settore delle attività lavorative e tutti hanno diritto di parola.
Scopo della ricerca
Lo scopo di questa ricerca consiste nell’indagare le differenze tra il gruppo dei pazienti che sono stati dimessi e il gruppo di pazienti che hanno interrotto il programma. Quali sono i fattori che possono portare all’abbandono del programma o alla sua conclusione? Ci sono pazienti con caratteristiche di personalità che possono far prevedere l’abbandono o la dimissione? E infine una compromissione psicopatologica potrebbe portare all’abbandono del programma?
Materiali
Per effettuare la nostra ricerca abbiamo preso in considerazione le cartelle cliniche di 70 pazienti ospiti del centro diagnosi e terapia breve della comunità di Vallecchio, presenti nella struttura nel periodo che va dal 1/9/2002 al 1/9/2004.
I dati presi in considerazione riguardano età, sesso, giorni di permanenza, diagnosi secondo la classificazione del DSM IV, assunzione della terapia farmacologia relativa all’uso di neurolettici tipici ed atipici, somministrazione di terapia sostitutiva ad oppiacei (Metadone e Buprenorfina), test MMPI2 somministrati, indicazione terapeutica dell’équipe ed esito.
Metodi
In un primo momento sono state suddivise le cartelle degli utenti tra pazienti che hanno concluso il programma terapeutico e coloro che lo hanno interrotto. Abbiamo effettuato delle correlazioni, tra le medie aritmetiche dell’età e del sesso. In un secondo momento abbiamo valutato le differenze relative alle diagnosi in asse I, asse II, III, IV.
Oltre alla valutazione diagnostica fornita dall’èquipe sono stati presi in considerazione i test MMPI2 somministrati agli utenti nel loro periodo di permanenza nella struttura. Al fine di scoprire probabili tratti patologici abbiamo preso in considerazione le risposte delle singole scale cliniche del test che superavano il valore soglia di 80 per i punti T, valore che indica la presenza di una patologia grave in atto.
Le scale cliniche dell’MMPI2 prese in considerazione sono: Hs, D, Hy, Pd, Pa, Pt, Ma, Sc, rispettivamente e comunemente dette: Ipocondria, Depressione, Conversione/Isteria, Deviazione Psicopatica, Paranoia, Psicoastenia, Ipomania e Schizofrenia.
Non abbiamo preso in considerazione le altre due restanti scale cliniche dell’MMPI2, Mf ed Si, generalmente dette scale della Mascolinità/Femminilità e Estroversione/Introversione, perché dal punto di vista clinico non sono considerate particolarmente rilevanti.
Tutte le correlazioni sono state effettuate tramite l’utilizzo del Test Chi con p .05.
Descrizione del campione
Il campione da noi studiato è composto da 70 pazienti ospiti del C.D.T.B. di Vallecchio rispettivamente suddivisi in 47 maschi e 23 femmine con un’età media di 32 anni per entrambi. La media dei giorni di permanenza dei pazienti in struttura è risultata essere di 94 giorni.
Su 70 pazienti vi sono stati 26 trattamenti con una terapia agonista (metadone e buprenorfina) e 41 trattamenti avevano una terapia antipsicotica con neurolettici tipici e/o atipici.
Dal punto di vista diagnostico il campione viene suddiviso per tipo di dipendenza rispettivamente in: 35 dipendenti da oppiacei, 15 poliassuntori (oppiacei + cocaina + alcool + benzodiazepine), 10 dipendenti da cocaina, 8 dipendenti da alcool e 2 dipendenti da benzodiazepine.
Dei nostri 70 utenti 28 risultavano avere altri disturbi nel I asse del DSM IV: 18 pazienti con Disturbi dell’Umore, 4 con Disturbi d’Ansia, 2 con Disturbi dell’Alimentazione e 4 con altri Disturbi Psicotici.
Sull’Asse II, invece, troviamo 32 pazienti con Disturbi della Personalità così suddivisi: nel cluster A abbiamo 8 pazienti di cui 5 con Disturbo Paranoide, 2 con Disturbo Schizoide e 1 con Disturbo Schizotipico; nel cluster B abbiamo 16 pazienti di cui 10 con Disturbo Borderline, 3 con Disturbo Istrionico, 2 con Disturbo Narcisistico e 1 con Disturbo Antisociale; nel cluster C vi sono 4 pazienti rispettivamente 2 con Disturbo Evitante e 2 con Disturbo Dipendente di personalità; inoltre 4 pazienti con Disturbo di personalità N.A.S.(Non Altrimenti Specificato).
In Asse III abbiamo rilevato 22 pazienti(percentuale) con HCV+, 2 con HIV+, 1 con HBV+ e 5 pazienti con patologia fisica grave.
In Asse IV sono presenti 18 persone con problematiche con il gruppo di supporto principale, 11 con problematiche lavorative, 4 con problemi sociali, 4 con problemi economici e 3 con problemi abitativi.
Risultati
L’indice di ritenzione.
Il primo aspetto indagato è l’indice di ritenzione, che è l’indicatore di risultato più utilizzato per la valutazione dell’efficacia dei trattamenti nel campo della tossicodipendenza. Su 70 pazienti, 44 hanno concluso il programma terapeutico e 26 lo hanno interrotto (per interruzione si intende l’abbandono del programma o l’espulsione-allontanamento da parte dell’equipe). L’indice di ritenzione calcolato risulta essere del 63% , quindi c’è una probabilità del 63% che un paziente concluda il programma con dimissioni concordate.
Differenze di genere.
Abbiamo diviso il numero dei maschi e il numero delle femmine che hanno concluso il programma dal gruppo che lo hanno interrotto, rispettivamente su 70 pazienti 28 maschi e 16 femmine hanno concluso il programma, e 19 maschi e 7 femmine lo hanno interrotto. Correlando queste differenze con il test chi, è statisticamente affermabile che il numero delle donne dimesse è maggiore, quindi abbandonano meno dei maschi. (chi 0,41).
Successivamente abbiamo considerato le medie dei giorni di permanenza nella struttura tra maschi e femmine: 98 giorni di media per i maschi e 142 giorni per le femmine che hanno concluso il programma, contro 63 giorni per i maschi e 64 giorni per le femmine che hanno interrotto il trattamento. Da questi dati è possibile affermare che le donne dimesse tendono a rimanere più tempo rispetto ai maschi, quindi le donne vengono maggiormente dimesse ma rimangono anche più tempo in struttura. (chi 0,10)
L’importanza della terapia sostitutiva.
I pazienti sono stati divisi tra coloro che prendevano terapia sostitutiva (metadone e buprenorfina) e i pazienti che non la assumevano, correlati all’esito del programma. Nei dimessi, 27 non avevano terapia sostitutiva e 17 la assumevano, nelle persone che hanno interrotto, 17 non avevano terapia sostitutiva e 9 la assumevano. Dalla nostra correlazione non sembra risultare che ci sia una differenza statistica significativa fra i due gruppi, è possibile affermare che l’uso o meno di una terapia sostitutiva non sembra influire sull’esito del programma (chi 0,73).
L’importanza della terapia farmacologia relativa ai neurolettici.
Nei due gruppi di pazienti, dimessi o che hanno interrotto, è stata effettuata una correlazione relativa all’uso di neurolettici, nei dimessi 26 avevano un neurolettico e 18 non lo assumevano, nelle persone che hanno interrotto 15 erano in terapia e 11 non lo erano.
Da questa correlazione non sembra esserci una differenza statistica rilevabile, in questo caso è possibile affermare che la somministrazione di neurolettici non influisca nella ritenzione al trattamento (chi 0,909).
Inoltre correlando la somministrazione di un neurolettico nei maschi e nelle femmine che hanno interrotto il programma o lo hanno concluso, si può notare una differenza significativa, sebbene l’utilizzo dei neurolettici sembri non influire nel trattamento. Nel particolare si osserva che le donne che assumono un neurolettico tendono ad essere maggiormente dimesse. (chi 0,30).
Alla ricerca dei fattori di ritenzione con l’MMPI2.
Una compromissione psicopatologica può essere un fattore che porta ad abbandonare il programma? Abbiamo cercato di rispondere a questa domanda servendoci dei test MMPI2 somministrati ai pazienti e sono state prese in considerazione le 8 scale cliniche dell’MMPI2 ed i punti T delle singole scale con valore maggiore o uguale a 80 (valore soglia per ipotizzare una patologia grave in atto).
Su 70 pazienti sono stati valutati 52 test validi, di cui 37 di pazienti che sono stati dimessi e 15 di pazienti che hanno interrotto il programma.
Confrontando il numero di MMPI2 somministrati con il numero di pazienti che presentavano un valore maggiore o uguale a 80 in almeno una singola scala clinica, che hanno interrotto il programma o che sono stati dimessi, si è notato non esserci una differenza statistica valida. Sembrerebbe, quindi, che l’abbandono o la riuscita del programma terapeutico non dipenda da una patologia grave in atto.(chi 0,71). Fattore che invece sembra avere una alta significatività è quello sulle differenze di genere, ossia i test MMPI2 dei maschi e delle femmine che presentano valori maggiori di 80 almeno in una scala clinica. Su 18 test di femmine 14 hanno almeno una scala clinica di base superiore a 80, su 34 test di maschi 14 presentano valori maggiori o uguali a 80. Dalla correlazione (chi 0,09) sembra possibile affermare che le donne hanno una maggiore patologia grave in atto rispetto agli uomini e quindi secondo l’MMPI2 un quadro clinico più compromesso.
Analizzando singolarmente le varie scale cliniche si evince che i pazienti che presentano valori maggiori o uguali a 80 nelle scale D, Sc, Pt, comunemente dette scale della depressione, schizofrenia e psicastenia, tendono ad abbandonare di meno e quindi a concludere il programma terapeutico, D (chi 0,33), Sc (chi 0,21), Pt (chi 0,41).
Viceversa i pazienti che presentano valori maggiori o uguali a 80 nelle scale Ma e Hy, comunemente dette ipomania e conversione/isteria, tendono ad abbandonare maggiormente il programma terapeutico, Ma (chi 0,07) e Hy (chi 0,16).
Per le scale cliniche Pa, Pd e Hs generalmente dette paranoia, deviazione psicopatica e ipocondria, presentano i valori del test chi elevati, quindi non significativi, sembrerebbe che l’avere punteggi superiori o uguali a 80 in queste scale non influisca ai fini dell’esito.
Conclusioni
Nella nostra ricerca abbiamo cercato di capire quali siano le variabili critiche che agiscono sulla ritenzione e quando e come esse giochino per poter individuare i fattori che aiutano a terminare il programma terapeutico. Come primo dato osservabile possiamo notare un indice di ritenzione del 63%. Di 70 utenti 26 abbandonano il programma. Secondo la letteratura, chi interrompe ha una probabilità di ricaduta tre volte superiore rispetto agli utenti dimessi, va però detto e sottolineato che non vale il ragionamento inverso per cui se sono positivi i dati sulla ritenzione non si può affermare che i risultati sull’utente saranno necessariamente positivi.
In seguito alle correlazioni svolte, abbiamo notato che le donne tendono ad essere dimesse maggiormente rispetto agli uomini e rimangono in struttura per più tempo. Va, inoltre, segnalata la presenza nelle donne, secondo il test MMPI2, di più disturbi clinici e quindi una maggiore comorbilità. Questo dato farebbe supporre che l’essere più gravi possa essere in questa struttura un fattore di ritenzione.
Per quanto riguarda la terapia agonista, cioè l’utilizzo di metadone o buprenorfina, non sembra influire, nel campione osservato, ai fini dell’esito, quindi non sembra essere un fattore di ritenzione. Allo stesso modo l’utilizzo di neurolettici tipici/atipici non può essere considerato un elemento che favorisce un buon esito del programma,almeno nella nostra ricerca perché abbiamo pra chi ha dimesso e chi ha interrotto il programma non vi è una differenza significativa rispetto al trattamento con neurolettici tipici ed atipici.
Nella seconda parte della ricerca, abbiamo cercato di capire se alcune caratteristiche di personalità dei pazienti avrebbero potuto influire sull’esito del percorso. Per fare ciò abbiamo utilizzato il test MMPI2 che, anche se probabilistico, delinea chiaramente la presenza di patologia. La scelta di questo test è nata dalla esigenza di utilizzare uno strumento riconosciuto dalla comunità scientifica. Ai fini della ritenzione si è riscontrato che avere punteggi alti nelle scale dette generalmente Depressione, Schizofrenia e Psicoastenia accomuna i pazienti che vengono dimessi. D’altro canto avere punteggi alti nelle scale di base dette Ipocondria e Conversione/Isteria sembra essere fattore di maggiore interruzione.
In conclusione la maggior parte del lavoro si basa prettamente sull’osservazione di caratteristiche che si accomunano e si differenziano nei soggetti. Si ritiene che i dati presentati sono solo un invito ad approfondire la conoscenza delle caratteristiche psicopatologiche.
Leonardo Montecchi, Psichiatra Psicoterapeuta A.S.L. di Rimini, Direttore della scuola di prevenzione Josè Bléger
Michele Maurizio D’Alessio, psicologo tirocinante dell’Università di Urbino
Antonio Nigro, psicologo tirocinante dell’Università di Urbino
Riferimenti Bibliografici
American Psychiatric Association (A.P.A.) Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali Text Revised (DSM-IV-TR) Masson (2000) Milano.
MMPI2 Minnesota Multiphasic Inventory 2