Quando esaminiamo i cambiamenti attuali nella famiglia, notiamo una diminuzione dell’autorità del padre verso i figli e del marito verso la moglie. Questi effetti sembrano legati al problema del dominio che crea un’amalgama tra autorità e autoritarismo, tra liberalizzazione e laisser faire, tra affetto e arbitrarietà.
La denatalità potrebbe essere legata all’emancipazione femminile? Coincide curiosamente con l’introduzione degli anticoncezionali e dell’accesso massivo della donna nel mondo del lavoro. Oggi in Europa il tasso di nascite non permette il rinnovo delle generazioni. È un fatto innegabile che, se le coppie decidono di avere meno figli o posticipare il concepimento, spesso evocano motivi economici. La speranza di una “vita migliore” per e con i figli, la quale conduceva generalmente a rinnovare il desiderio della proliferazione, ha perso attualità. Nelle famiglie con più risorse economiche, si sente dire che avere la casa di proprietà è prioritario ad avere figli.
Il confronto tra i generi prende vie poco frequentate fin ora, arrivando a violenze tra coniugi a livelli e gravità allarmanti. Questo ha a che vedere con l’emancipazione femminile? Dobbiamo affermare che i soggetti familiari preferiscono l’assimetria tra il dominatore e il dominato? Avere idee, decidere, prendere iniziative dovrebbero essere attributi di una sola persona?
C. Lévi-Strauss (1949) sottolinea che nelle società chiamate primitive, e anche nelle altre, le differenze tra i generi fanno si che i compiti dell’uomo e della donna siano differenziati al punto che nessuno possa realizzare quei compiti che sono assegnati al genere opposto. Tuttavia, il governo del focolare e di tutto il resto è a carico dell’uomo!
Forse questa divisione del lavoro attualmente si è persa, ma rimangono altre differenze che fortunatamente permettono di mantenere una tensione creativa tra i generi. Perchè tensione creativa? Perchè queste differenze non esistono per alimentare il dominio dell’uno sull’altro, bensì per generare un movimento dell’uno verso l’altro, in comportamenti di reciproco avvicinamento, allo stesso tempo che negli affetti e nelle fantasie. In un focolare c’è molto da fare, conviene che i compiti siano complementari.
L’essere umano ha alterato il senso di queste differenze, per trasformarle in dominio. Le differenze esistono per mantenere la necessità dell’altro, per far si che l’altro non sia omesso nè annullato, e per approfondire e perpetuare quello che è la base della psicologia umana: il vincolo. Tuttavia, quello che postula la legge del dominio è il regno dell’anullamento delle differenze, per far regnare l’analogia, il simile, l’identico. Le differenze servono a creare il dialogo con l’altro nel nostro mondo interno. Il riconoscimento è reciproco, è un riconoscimento della propria castrazione, ci conduce a ricomporci con la negatività radicale in noi e nell’altro.
L’alterità è tanto più difficile da tollerare quanto è vissuta in contraddizione con il narcisismo. Invece, essere in vincolo suppone non solo andare oltre il proprio narcisismo, ma anche porlo al servizio “dell’essere pensato dall’altro”, “dell’essere implicato con lui”, per ricercare i punti in comune nei quali andremo a trovare il sentiero del narcisismo dell’altro e fondare così un narcisismo condiviso dove il vincolo si riconoscerà come unico, identico a se stesso e sostegno dell’identità di ognuno. Credo, d’altro canto, che la porta d’ingresso del vincolo con l’altro considerato come qualcuno che è diverso, che ha la sua soggettività, il suo inconscio, passa attraverso l’illusione gemellare per poi diversificarsi.
Però se il dominio attrae tanti soggetti è perchè è collegato all’amore che professiamo verso l’altro. Altrimenti, ricorda Jessica Benjamin (1988), sarebbe impossibile cadere nella sua “trappola”. Ma aggiunge che il dominatore non lo è sempre e ad ogni circostanza. Contrariamente, lui si lascia dominare da colui che appare come il “sottomesso”. L’autrice se basa nella dialettica del padrone e lo schiavo che studiò G. Hegel nella sua Fenomenologia dello spirito, per precisare e approfondire le idee femministe, alle quali aderisce in generale.
S. Freud (1917) allude al dominio come una tendenza pulsionale che precede l’investimento dell’oggetto. Si tratta della pulsione di dominio o di appropriazione, die Bamächtigung Triebe, che è paradossalmente asessuata o detto meglio “pre-sessuata”. Prima di entrare in contatto con l’oggetto e per attrarlo, gli imponiamo il nostro sguardo, per far si che ci guardi, che consideri apprezzabile l’interesse per noi, si apra al dialogo, accetti l’intensità della nostra libido e svegli la voglia di desiderio. Poi, se riusciamo a sedurlo, saremo felici con l’affetto, la stima e la considerazione che l’altro potrà avere di noi. Il primo dominio significa qualcosa così come un movimento potenziale: “Ho qui qualcosa da offrirti”. La questione è che dopo non abbiamo più bisogno di dominare, salvo, e qui entra in gioco la fragilità del soggetto, se la perdita di questa unione è temuta. Oppure, questo appare quando l’alterità dell’altro non si sopporta e si suppone che quest’ultimo ambisce un’indipendenza che sarebbe fonte di dolore o disprezzo per noi. In tal caso, ed è il caso di tanti dominatori per eccesso, per evitare la dissoluzione del vincolo, premono il grilletto del dominio.
Credo che una dose di dominio funzionale all’inizio, sia una garanzia per l’ascolto del clamore iniziale, ma dopo, questo, va a diluirsi nell’affetto tra i soggetti già uniti. L’atavismo, il sommettersi all’altro rimane a volte sospeso dall’investimento, immobilizzandolo, e senza riuscire a toglierlo, mentre la strada sarebbe quella di ammettere l’altro. Ammettere che stimo l’altro e lo apprezzo, che lui esiste in me e per me. Gli concedo una parte di me, mi libero di una parte del mio io, ma divento soggetto realizzando questo.
È utopico pensare che in futuro i soggetti nel rapporto non necessitino più di queste sottomissioni e di questi legami per vivere pienamente un rapporto? Vedremo che le difficoltà delle famiglie di oggigiorno provengono da questi malintesi, dove la dipendenza si paga con il pesante tributo della sottomissione, e a volte ha solo cambiato il padrone.
Quali sono le conseguenze psichiche dei cambiamenti nella famiglia contemporanea?
La famiglia vive un aumento di divorzi, la monogenitorialità e le ricomposizioni familiari. I bambini non crescono con gli stessi genitori (almeno non con quelli che li hanno concepiti). Nella maggior parte dei casi, la vita comune da il contorno della famiglia e getta le basi dello sviluppo dell’appartenenza alla famiglia. Però succede che i membri delle famiglie attuali debbano riferirsi ad appartenenze plurali; i bambini possono avere due padri e due madri, uno è il padre biologico, l’altro quello con il quale si convive. A volte questo li confonde; inoltre si rapportano preferibilmente con uno dei genitori disinvestendo l’altro. La continuità e la stabilità dei vincoli familiari sono in pericolo. Questo può suscitare angosce di perdita. Il futuro appare dubbioso. Il fatto che i genitori biologici non si amino più conduce frequentemente a disaccordi sul modo di condurre l’educazione del bambino, come se i disaccordi si spostassero verso il terreno dell’educazione, dopo una vita in comune che per i figli non è stata tranquilla, con genitori che litigavano quotidianamente. Si osserva che alcuni coniugi divorziano, tra altre ragioni, perchè non si mettevano d’accordo sull’educazione del figlio o semplicemente perchè, senza riconoscerlo, desideravano condurre l’educazione completamente da soli.
Allo stesso tempo, il padre o la madre che vivono con i loro figli devono esercitare varie funzioni, inventare risposte a multipli problemi quotidiani, che potevano condividere prima con il loro ex-coniuge, e lavorare di più per far fronte alla loro nuova e difficile situazione economica. Per queste ragioni, si sentono sovraccarichi, poco disponibili. In queste diverse situazioni, è difficile salvaguardare la diversità propria della famiglia, la presenza dei due genitori, il riferimento a due lignaggi.
Solitudine
Inoltre, si assiste a un isolamento della famiglia nucleare, lontani dalla famiglia di origine a causa di frequenti cambiamenti di residenza. La famiglia si vive anche come sradicata in relazione alle proprie origini, alle sue tradizioni familiari, culturali; i genitori negano l’importanza della trasmissione dei valori, principi, vissuti che appartengono alla loro storia transgenerazionale mentre in passato questa trasmissione era parte dell’educazione dei bambini e alimentava la loro indentità. Di conseguenza i genitori sono disorientati sul miglior modo di avere autorità sui figli.
Tuttavia le conseguenze non sono sempre negative. Esistono anche conseguenze positive ma parlo in primo luogo di quelle che presentano problemi.
Sospettare
I genitori sono confusi. Come reazione, gli scambi nella famiglia diventano quasi unicamente funzionali: si pensa solo ai fatti, solo a quello che è necessario fare; si consacra molto meno allo scambio e al parlare di sè, a divertirsi e a giocare insieme, a condividere momenti di ozio. È altretanto necessario sottolineare che le immagini, il video, internet e i cellulari, interferiscono in questa comunicazione per non far incontrare gli individui nè per integrarli in un processo di scambio interessante.
Ci troviamo davanti ad una carenza di autorità del padre, così come della madre; il fatto più noto è che i bambini non provino stima per i genitori ogni volta di più e abbastanza precocemente. I genitori adottano come risposta comportamenti di ritirata o contrariamente propongono cose che possano eccitarli per attrarli, come i soldi, regali e a volte prodotti chimici. Sovraccarichi, pretendendo di controllare una situazione che sfugge loro e credendo di dare più responsabilità ai loro figli, li trattano da “adulti”. Viene a mancare allora l’attenzione su quello che riguarda il racconto della loro vita sentimentale, sessuale, ecc.
Il piccolo mondo domestico soffre di un deficit della stima di sè. La necessità di ri-narcisizzazione appare allora come elemento fondamentale. Questa situazione si complica ulteriormente quando i genitori tentano di “virilizzarsi” nel mondo del lavoro, come per compensare la loro mancanza di autorità familiare, però, ovviamente, il risultato è incerto, ciò implica disorientamento, e problemi nella loro integrazione o nella loro carriera professionale. Tornano afflitti a casa e a volte si aspettano l’appoggio dei suoi cari. I figli sono allora “adultizzati”, gli si richiedono consigli e decisioni. Gli si dice che si realizzano cose importanti per loro come, per esempio, “fargli un fratellino”. Il bambino non crede in assoluto che la cosa lo riguardi. Contrariamente a quello che si suppone, che questo conduca ad una maggiore responsabilizzazione dei piccoli, questo sovraccarica il loro psichismo e li colpevolizza, dato che mancano di strumenti per affrontarlo. È preferibile che sentano che i loro genitori sanno assumersi il loro desiderio.
In questo modo i piccoli funzionano in un falso sè, inautenticamente, fanno come se… mentre in fondo sono estremamente vulnerabili. Ogni bambino desidera continuare ad essere bambino; anzi, ha paura di crescere. Preferisce che si parli il suo linguaggio, che gli sia permesso di sviluppare la sua immaginazione e si ammetta la sua necessità di gioco. Una delle conseguenze è che i bambini adottano molto precocemente modelli di identificazione con gli adulti, nel loro comportamento, negli indumenti, nel trucco delle ragazze, gli argomenti di conversazione; si trovano ugualmente in contatto con i prodotti per gli adulti come serie televisive “per adulti” o film pornografici. Una confusione inquietante è il caso delle “lolite” e delle mini miss.
Come si arriva a tali malintesi?
Dal punto di vista della struttura della relazione, l’annullamento della figura del padre sembra essersi generalizzato. Assente, assorto dalle sue attività extra-familiari, come “disautorizzato” dai suoi cari e/o da se stesso. Si debilita la sua funzione di autorità, così come quella della madre, dall’altra parte. Si deve collegare questo alla perdita dei limiti? Proviamo a precisarlo. Balzac ha detto che con la decapitazione di Luigi XVI, si sia tagliata la testa a tutti i padri di famiglia. Per quel che ci mostra la storia della famiglia, questa affermazione può sfumarsi, visto che dopo il 1794, il padre ha avuto dei bei giorni davanti a sè. Soltanto, due secoli più tardi, la decadenza della società patriarcale è più manifesta. Durante il secolo XIX, il padre aveva un posto ancora imponente, mentre a sua volta, si idealizzò molto la madre: si osservava come lei si sacrificava stando molto attenta ai suoi piccoli e aiutando il marito a far fronte alle esigenze di una società industriale che gli richiedeva di offrire la sua forza lavoro senza disporre del tempo per dedicarsi ai suoi cari.
Se prendiamo in considerazione l’importanza dell’elevata idealizzazione di ognuna delle figure della famiglia a seconda dell’epoca, assistiamo oggi ad una riformulazione di dati. Passiamo da una società dove il padre idealizzato riceveva tutta la considerazione e gli onori della sua famiglia, ad una società dove la madre riceveva più che in passato e attualmente, ad una società dove il bambino monarca passa a essere il centro principale dell’attenzione.
Questa evoluzione fu certamente necessaria: il bambino poteva essere oggetto di danni immensi di fronte all’indifferenza generalizzata. La preocupazione sociale sulle negligenze e i maltrattamenti fisici, psichici e sessuali di cui il bambino è vittima, è molto recente. Soltanto pochi anni fà si instaurò un dispositivo legale e si crearono mezzi per aiurare il bambino a uscire dall’inferno degli abusi in famiglia. Il corpo sociale assunse la difesa del più debole e possiamo soltanto essere orgogliosi di questo. Ma questo fa parte di un meccanismo che ci può sfuggire se non stiamo attenti nel dare agli adulti il posto che li corrisponde nella trasmissione dell’eredità psichica. Certamente, ci sono padri che maltrattano, come ci sono padri che chiedono ai piccoli di lavorare o più grave ancora, che li offrono nel mercato del sesso, in particolare, nei paesi dove si pratica il turismo sessuale.
Il padre è diventato oggetto di sospetto. L’abuso diventa l’argomento principale quando i genitore sono in conflitto; viene fuori frequentemente nei divorzi, a volte in maniera falsa.
Allo stesso livello nell’evoluzione delle idee psicoanalitiche, si possono distinguere tre tappe se studiamo l’idealizzazione successiva di ognuno dei tre personaggi della famiglia. Nell’epoca di Freud (1930, 1938), il padre, onnipresente nella sua riflessione, è il centro nevralgico dell’organizzazione familiare, quello che stabilisce le misure di tutta la relazione e che impone la legge. Investendolo e ammettendo la sua autorità, ci porta alla formazione del super io.
A partire degli anni trenta, certi psicoanalisti inglesi, tra i quali Mélanie Klein (1952), costruiscono un modello pratico-teorico dove il materno diventa l’oggetto esenziale. La madre è sempre “buona” e “ideale”. Se il lattante prova dei sentimenti ostili verso la madre, mai la madre apparirà ambivalente. Con la scusa che la fantasia inconscia è l’oggetto della psicoanalisi, la fantasia inconscia del bambino non dovrebbe in nessun modo rendere conto della realtà psichica della madre, incoscente o materiale.
Con D. Winnicott (1964) il vento cambia ancora: si colloca progressivamente il bambino in un posto privilegiato. Se la madre non offre l’attenzione prevista al suo lattante, effetti nocivi potrebbero prodursi. Si potrebbe sospettare che non si occupa del lattante. Winnicott postula che ogni madre deve possedere una qualità, la “preoccupazione materna primaria”, essere abbastanza disponibile verso il bambino incluso sacrificarsi per lui. Per la formazione del Sè, la violenza o il conflitto amore/odio del bambino, non sono determinanti. Invece, il mondo dell’illusione primaria si riconosce come fondamentale. Ma, nel frattempo, in questa teoria il padre sembra essere dimenticato, o se si pensa a lui, la sua funzione e legata alla funzione primordiale e principale della madre; il padre è il suo “supplente”. Servirà, per esempio, per dare al figlio la capacità di agire nella vita, mentre la madre gli permetterà di esistere, quello che in fondo è più importante.
Non metto in dubbio la validità di queste scoperte; le sottolineo per evidenziare come l’evoluzione delle idee scientifiche possano essere assoggettate all’evoluzione della società. Viviamo in un mondo dove a volte, il bambino è privilegiato, spesso idealizzato. Libri e film lo fanno apparire come uno splendido eroe di fronte ad adulti indecisi e pigri. Salva gli altri. Tra i suoi amici o i suoi fratelli e sorelle, trova alleati. Insieme, formano un gruppo solido e variopinto dove un’ideologia ugualitaria si presenta come più efficace dello spirito familiare con le sue eterne gerarchie. Il bambino cercherà altri modelli genitoriali, tra i suoi maestri e guide spirituali, che gli propongono mezzi di apprendimento basati su criteri diversi da quelli delle sue origini. È eventualmente confortante per lui sfidare la sua famiglia e disfarsi di una eredità psichica.
Una nuova concezione delle funzioni familiari dovrà evitare di cadere nell’influenza della mentalità sociale del momento. Unicamente una visione globale e intersoggettiva come quella che permette la teoria gruppale del vincolo offre la possibilità di riuscirci. Tale teoria dovrebbe idealmente evitare di favorire la posizione centrale dell’uno o l’altro dei personaggi della famiglia e non subordinare il potere al valore supposto di una funzione, dato che ognuno di loro è vitale per l’insieme. Così si potrà sottolinerare il nobile carattere simbolico della parentela e dei suoi molteplici movimenti, scambi e articolazioni che genera.
Violenze sessuali
Mi chiedo se questo aumento dell’eccitazione nella famiglia contemporanea debba articolarsi anche con l’aumento osservato degli abusi e delle aggressioni sessuali e della pedofilia. Sarebbe come una rivincita degli adulti che non sanno più come neutralizzare il nuovo potere conferito ai bambini? Possiamo pensare che gli abusanti sono i portavoce di una reazione conservatrice più ampia? (Cf. A. Eiguer, 2001.) Oggigiorno le perversioni hanno una funzione politica antidemocratica così come durante il secolo dell’Illuminismo hanno avuto una funzione liberatrice? Vediamo come funzionano.
Questi aggressori sessuali desiderano esercitare un’influenza sul bambino sminuendolo e degradandolo dietro ad una proposta che li tenta, la proposta di condividere la loro sessualità con l’adulto. La sessualità è il terreno privilegiato dagli adulti predatori, cioè di coloro che assoggettano e corrompono. Sono comportamenti da adulti; la responsabilità fondamentale è ovviamente degli adulti aggressori, però tutto questo non è estraneo ai cambiamenti attuali che vive il bambino come “l’adultizzazione” da parte di altri adulti. Vuole apparire più grande di quello che realmente è. È lì dove si inserisce il messaggio del pedofilo al bambino: “Vuoi essere e fare come gli adulti? Allora guarda com’è questo.”
Tale è il drammatico caso dell’incesto padre/figlia o padre/figlio. Appare come un modo di imporre un potere dell’adulto sfidante e disubicato come per recuperare un vincolo che gli sfugge. Tre modalità cliniche meritano di essere presentate:
- Certi padri incestuosi si sono occupati delle loro piccole figlie (figli) da neonate (i) sviluppando uno degli aspetti della loro pedofilia latente: l’attrazione sessuale verso l’universo infantile, le sue espressioni e le sue secrezioni.
- Altri, i più numerosi, sono stati assenti durante le prime relazioni con il lattante, cosa che forse avrebbe permesso di asessuare il contatto sensuale integrandolo alla corrente tenera. Questo permetterebbe di integrare il narcisimo della creazione ad un sè familiare. Si può pensare che l’incesto è impossibile per la maggior parte di noi perchè non ci viene voglia di fare l’amore con noi stessi, con qualcuno con il quale si ha tante cose in comune. È per questo che l’incesto nel caso delle adozioni e delle ricomposizioni è relativamente frequente.
- Altri genitori sono palesemente dominatori e terrorizzano chi sta loro vicino con un atteggiamento dispotico. L’incesto appare a loro come una continuità del loro potere e lo considerano come una prerogativa naturale, diciamo “divina” In questo gruppo troviamo soprattutto uomini incestuosi, ma madri incestuose si trovano sempre più frequentemente.
In ogni caso, la famiglia vive la sua vincolarità primaria in maniera disinvestita e se la filiazione è alterata, l’incesto la disorganizza ancora di più. I vincoli tra i genitori hanno qualcosa di pazzo, di insensato, di disumanizzato. Certamente ci sono madri che non vogliono vedere quello che succede alle loro spalle, altre non possono vedere… ma in ogni caso arriva loro un messaggio oltraggiante come per mostrare che il loro potere materno e femminile non serve a nulla davanti al potere del sesso e delle tentazioni che sveglia.
Credo che sarebbe riduttivo pensare che soltanto il recupero del potere paterno determina l’incesto, ma sarebbe ingiusto ignorare questa dimensione.
Presentazione di un caso clinico di terapia familiare su un caso di incesto
Presenterò in seguito il caso di una terapia familiare dove si è verificato un incesto (di cui si parla nel secondo incontro) questo caso illustra le idee espresse sui cambiamenti familiari e rivela effetti inaspettati sull’assenza di tenerezza. Al primo colloquio partecipano i genitori, la figlia di 14 anni e due figli, uno di 7 e uno di 2 anni. Siamo due terapeuti maschi. Il padre non vive con la sua famiglia; è uscito dalla prigione dove è stato carcerato per incesto, è in libertà condizionata. Sulla questione di ciò che è successo, spiega che abusò della figlia ma che in carcere aveva riflettuto molto sulla sua azione e sulle conseguenze che ci sono state su di lei. Tormentato dal rimorso, desidera assumere pienamente la responsabilità della sua azione. Ripete che nessuno tranne lui deve sentirsi colpevole. Mentre il padre spiega, la ragazza non dice nulla e il più piccolo dei figli gioca con la scatola dei giochi, è molto concentrato ma finisce per rovesciarla per terra; i giochi si sparpagliano. La madre lascia più o meno intendere che il bambino non può seguire la conversazione, data la sua età. È allora quando il bambino chiede il suo biberon, che la madre aveva nella borsa. Si sdraia sul tavolo di gioco di schiena e si mette a succhiare la tettarella con frenesia facendo gesti evidenti di piacere con le sue gambe e mani.
Tutti si mettono a ridere, alcuni perché pensano che sia una birichinata per chiamare l’attenzione, altri perché scoprono un senso erotico occulto. Il bambino vuole denunciare tramite il gioco, il padre che si presenta come un uomo pentito mentre in realtà vuole solo che la famiglia lo accetti di nuovo nel proprio nucleo?
Una volta iniziata la terapia familiare, la madre parla della sua sofferenza e delle sue privazioni materiali, che con l’incarcerazione del marito sono peggiorate. Finisce per manifestare il suo dispiacere per averlo denunciato, giustificando alla propria famiglia che sarebbe stato ostile al suo matrimonio.
Più tardi, il marito riconosce di averla tradita sin dall’inizio avendo avuto rapporti con ragazze sconosciute; parlano di diverse separazioni, in particolare quando i due figli maggiori erano ancora molto piccoli. La situazione si è ripresentata con il minore a causa dell’incarcerazione. Il padre promette di occuparsi dei suoi figli.
Poi si lamenta quando viene a sapere che la figlia passa ore davanti al computer per “chattare” con “uomini sconosciuti”, ai quali da appuntamenti, ma dove non si presenta. Il padre dice che trascura così i suoi lavori scolastici. La madre reagisce violentamente dicendogli che non è necessario che si intrometta, è proprio volendo “obbligare la figlia” e diventando tirannico con lei che finì per sottometterla ai suoi capricci sessuali quattro anni fa.
Noi abbiamo la sensazione che il padre sia geloso che la figlia comunichi con uomini tramite internet. Ci fa pensare a un “marito innamorato”. Misuriamo l’importanza del desiderio incestuoso. L’argomento dell’abuso non tornò più dopo il primo incontro. Quello che viene fuori dal conflitto tra i genitori conduce a occultare il livello incestuoso, come la tempesta che cancella l’impronta.
Tutto indica che l’influenza sui bambini è al centro di una forte rivalità tra i genitori. La madre denuncia il fatto che il padre dice di voler educare la ragazza, ma in realtà vuole sedurla. Il padre si ritrae, ma non riconosce che la moglie abbia ragione.
Il padre ci spiega che suo padre sparì quando lui era piccolo e che non lo vide più. Sua madre non visse mai con nessun altro uomo. Molti misteri rimangono sull’identità del nonno paterno e le circostanze della sua scomparsa. Aggiunge che non è mai riuscito ad immaginare come suo padre avesse potuto educarlo.
Evidentemente nella famiglia attuale, le conseguenze dell’incesto non preoccupano nessuno e il principio di autorità non è per niente riconosciuto nella sua funzione regolatrice dei vincoli.
La madre esprimerà continuamente la sua preoccupazione riferita all’andamento scolastico del secondo figlio che sembra completamente disattento durante le lezioni, studia poco e fa gruppo con alunni che non obbediscono. È un bambino estremamente apprensivo ma non riesce a spiegare la natura dei suoi timori.
Presto viene fuori un clivaggio tra la ragazza, alunna modello, e i due minori che hanno problemi psichici e di apprendimento. I maschi hanno preso il “cattivo seme”, sottolinea la madre. Il messaggio è indirettamente rivolto ai terapeuti: siamo due e uomini…Questo non è estraneo al fatto che la troviamo molto “antipatica” in quel momento e che il padre ci sembri improvvisamente “un angioletto”. Mi sono anche detto che sarebbe difficile per questo uomo fare l’amore con la moglie e soddisfare il suo desiderio di sentirsi forte e superiore a lei. Allora mi sono chiesto se tutti gli uomini non necessitino di sentirsi dominatori perchè l’amore sia gratificante e soddisfacente godendo nel vedere la moglie fragile e molto docile. Il marito, non avrà cercato questo dall’inizio del rapporto di coppia? Ma allora perchè non gli sono bastate le sue avventure extra-coniugali e abusò della figlia? Credo utile dire che questo ci occupò diverso tempo per analizzarlo… Ci siamo chiesti perché queste sensazioni e idee ci sono venute in mente, al di là dell’evidente desiderio trasferale proiettato sul nostro spirito.
In seguito la madre chiamerà in causa tutti gli uomini in generale dicendo: non hanno ritegno, sono lascivi, libidinosi e irresponsabili”. Il vincolo della madre con la figlia risulta molto intenso, in realtà a noi sembra alimentato da gratificazioni reciproche. Inoltre, la tratta come se fosse uno stendardo, un trofeo del quale è molto orgogliosa. La madre aggiunge che desidera proteggere la figlia, ostacolare tutto ciò che potrebbe mettere a rischio la sua integrità e il processo scolastico. Se accetta che invii messaggi a uomini, è perchè “si fida di lei” ed è convinta che lei non li incontrerà mai.
Così capiamo che il padre abbia voluto attacare il vincolo madre/figlia, che gli provvocava rivalità e gelosia, attraverso la sessualità e l’abuso. Il problema del dominio e la rivalità tra i genitori sembra importante. La madre non smette di provocare e di disprezzare i maschi. Il padre, sentendosi indispettito, si è allontanato per anni dai bambini “correndo a destra e sinistra”, non giocava con loro, evitando contatti fisici, baci e carezze.
Ma tanto lui come la moglie si rappresentavano soltanto la filiazione come una lancia da usare nel combattimento fallico fra di loro. Le identificazione primarie, normalmente utili per costruire l’identità familiare, non hanno avuto la minima possibilità di svilupparsi in questo vincolo. La filiazione diventò terra di nessuno. L’evoluzione del conflitto non fece altro che complicare le cose: il padre riuscì a farsi espellere ancora di più.
Abitualmente, nei conflitti di coppia quello che perde la guerra tra i sessi è quello che “fa troppo” e che sentendosi ferito, dà all’altro più colpi di quanti ne riceve. La scalation può non avere fine. Contrariamente, è più conveniente evitare di uscire dal limite permesso che infrangerlo. Ma quello che vince, in realtà, è quello che propone un’alternativa, che inventa una risposta imprevedibile. Non sono sicuro che questo sia il caso di questa famiglia.
Era palese che la madre godeva quando vedeva suo marito disfatto. La ragazza, così discreta sull’incesto, sembrava vuota, assente, come se funzionasse in un falso sè. Reaggiva a malapena davanti alla venerazione professata dalla madre e allo stesso tempo infastidita di contribuire al trionfo del partito materno. Di fatto ognuno otteneva la propria soddisfazione, il padre, l’incesto; la madre, facendo diventare la figlia un feticcio. Con tutto questo si dava poca importanza al dramma dell’incesto, trivializzato, diluito tra tutti gli altri conflitti.
È importante sottolineare questa rivalità tra i genitori in nome del proprio genere, perchè credo che sia un sintomo della nostra epoca. Può arrivare questo conflitto ad attaccare le fondamenta e la idiosincrasia del vincolo filiale così all’estremo che padri e figli non arrivino a riconoscersi come tali? Se fosse così, dovremo allarmarci.
Infine, il lavoro familiare, nonostante le tante sfide, ha permesso di trovare nuovi adattamenti quando alcune linee associative sono venute fuori: professionali, economiche e scolastiche. Per far fronte alle sfide della vita, il gruppo trovò una certa solidarietà. Iniziarono a riconoscersi meglio e a capire quanto era contropoducente combattere per il potere.
Le linee del vincolo
A partire da queste considerazioni, ci sembra produttivo studiare quello che crea il cincolo in una famiglia secondo il nostro modello teorico-pratico psicoanalatico.In primo luogo, si risalta che le forze comuni stringono il vincolo e gli danno calore, presenza. In secondo luogo, emergono elementi originari e arcaici, produzioni inconsce “che circolano e si scambiano” tra i membri della famiglia e questo favorisce le reciproche fantasie. In terzo luogo, spicca il transgenerazionale, che è il tesoro comune nelle famiglie e che permette ad ognuno di sentirsi a sua volta unito all’altro, di possedere un riferimento d’identità stabile e solida.
È interessante essaminare ogni vincolo in maniera isolata risaltando le sue funzioni specifiche. Mi riferisco ai vincoli di coppia, filiali e fraterni e in rapporto con il transgenerazionale. Ognuno di questi quatto vincoli ha un legame di gruppo con l’altro, cioè, interagiscono e ugualmente i membri del vincolo sono in reciproca intersoggettività. Quando ci sono delle spaccature in uno degli altri vincoli, gli integranti possono portare a termine compiti e funzioni che non li sono stare assegnati all’inizio. Ogni vincolo ha allora una certa totipontenzialità, perfino per assumere altri aspetti della parentela. È lo stesso anche per le funzioni padre- madre-figlio. Se uno dei coniugi non riesce ad assumersi una delle sue funzioni, l’altro può svolgerla. La distribuzione delle funzioni non è forzosamente rigida.
Vi do un esempio, riferito al vincolo fraterno. I fratelli e le sorelle di distinti padri nel caso della famiglia ricomposta, giocano un ruolo singolare nell’integrazione della nuova famiglia. Tra bambini, il gioco, gli scambi, aiutano a conoscersi meglio e a volersi bene e facilitano ai genitori la loro accettazione.
Proviamo a pensare il nuovo ruolo dei nonni che attraverso la loro presenza e il loro accudimento verso i loro nipoti, trasmettono saperi e ricordi che i genitori non hanno l’accortezza di trasmettere. Allora sostituiscono i genitori in questa funzione.
La parentalità allargata gioca a sua volta, un ruolo interessante. Nella clinica, si constata che durante le terapie psicoanalitiche, i membri riallacciano contatti con genitori o parente lontani che non avevano sentiti da molto tempo. Si avvicinano a loro con molta simpatia e provano a realizzare attività ed incontri, ma anche parlano della loro storia comune, ricercando tracce storiche e generazionali che fino a quel momento erano semplici indizi, generando una curiosità difficile da colmare.
Perché una terapia familiare psicoanalitica (TFP)
Uno degli obiettivi principale della TFP è che i membri della famiglia comunichino tra di loro e superino così il registro dello fattico e fittizio per verificare quanto è interessante pensare insieme. Per gli adolescenti è vitale che i genitori possano comunicare con loro su la loro propria adolescenza, delle loro angosce dell’epoca, dei loro dispiaceri e inquietudini. Quali sono state le loro esperienze marginali d’allora? Sono stati tentati dalla droga, la violenza, i gruppi settari o estremisti? È essenziale che l’adolescente senta che il suo padre e la sua madre li stanno vicini, per far si che lui stesso smetta di sentirsi un alieno, e veda che anche loro hanno avuto delle difficoltà e provarono a loro modo di risolverle.
La terapia, che è una tecnica verbale e dove il compito del terapeuta è quello di interpretare in termini di inconscio gruppale, riduce l’angoscia delle parole e la paura di mostrarsi.
Le tecniche mediatrici come il gioco, el disegno e l’applicazione dello psicodramma, contribuiscono a snodare i grovigli nel gruppo familiare. L’interese per le tecniche grafiche merita di essere sottolineato come il genogramma e le sue varianti. Il disegno della casa familiare o la della sua pianta, rivela che la casa non è unicamente un luogo materiale, bensì è l’ambito sul quale si muovono investiture ed emozioni intense. Questo disegno permette di chiarire numerosi conflitti latenti, come quelli aspetti appena illustrati, che per timori impronunciabili, sono rimasti staccati dalla memoria familiare. Le allianze segrete e perverse possono essere identificate e collegate così con devastanti fantasie condivise.
Per fare un riassunto, penso che non si perdono le loro anime se si introducono mediazioni. I giochi immaginativi formano parte di queste proposte. Facilitano l’immaginario e l’accesso al materiale latente. Tale fu il caso, in uno dei miei esempi, del gioco di scrivere una lettera ad un nonno lontano con chi i membri della famiglia erano arrabbiati. In un’altro caso familiare “paralizzato” da una forte angoscia verso il futuro, proviamo ad immaginare quello che la famiglia poteva diventare tra qualche anno. Questo gioco non sono “compiti da fare a casa” tecnica utilizzata da altre scuole. Non si tratta di obbligare a scrivere una lettera, ma di immaginarlo per uscire da una strada senza uscita. Ho lavorato con i membri di una famiglia sugli “anunci da pubblicare in un quotidiano di richiesta di impiego” per un giovanne uomo che non trovava lavoro. Allora, durante il colloquio, sono emerse delle resistenze collettive alla ripresa di un’attività lavorativa.
Inoltre introduciamo il humor nelle nostre interpretazioni, che è una dimensione a sua volta gradevole, liberatrice di energia e di quei pensieri fissi o irrecuperabili.
Riassumendo
Credo che la famiglia non completò ancora il cambiamento democratico di cui aveva bisogno e attualemente viviono delle difficoltà non previste di questo cambiamento. La società avanza più rapidamente nelle istituzioni che nella famiglia, che continua ad essere molto conservatrice. Di conseguenza, questa deve permettersi di assumere pienamente l’ugualitarismo, lo quale non significa cancellare le barriere generazionali, ma la possibilità a ognuno di essistere in maniera diversa e autonoma. L’autoritarismo patriarcale produce inibizioni, genera sentimenti di svalorizzazione; nell’altro estremo il “lasciar perdere” disorganizza, perche provvoca sentimenti di insicurezza. Penso che i problemi appaiono in quanto non si assimila ancora questo cambiamento ugualitario. Esercitare una funzione di autorità significa trasmettere il senso della legge, cioè, che siamo responsabili gli uni verso gli altri. Certe famiglie non includono coerentemente la liberazione, ancora parziale, della donna.
Nel caso dei ruoli del padre e della madre, si crede ancora che se uno assume le funzioni dell’altro, quello implica l’annullamento della propria identità sessuale. Si tratta, al contrario, di un arricchimento nel campo delle funzioni familiari.
Traduzione a cura di Fabiola Gomez
Bibliografia
Benjamin J. Les liens de l’amour, 1988, tr. fr. Paris, Métalié, 1992.
Eiguer A. « Le mythe familial à l’épreuve des temps modernes », Le journal des psychologues, 2000. Tr. española: “Las representaciones sociales y los mitos familiars en la actualidad”, Actualidad psicólogica, 2000, 279, 20-22.
Eiguer A. Des perversions sexuelles aux perversions morales, Paris, Odile Jacob, 2001.
Eiguer A. « Les nouvelles familles sur le divan » Le mensuel des sciences de l’homme et sociétés, 2004 a, 66, 18-22.
Eiguer A. « Le père « désautorisé » », Le divan familial, 2004 b, 13. Tr. esp.: Clínica y análisis grupal, Madrid, 2005. En internet, www.uces.edu.ar/master/foro/php
Eiguer A. « La famille modifiée : réalité ou fantasme ? », Le Journal des psychologues, 2004 c, 216, 9-11.
Eiguer A. L’inconscio de la casa, 2004 d, tr. It, Roma, Borla, 2007.
Freud S. « Des transpositions pulsionnelles, en particulier dans l’érotisme anal » 1917, tr. fr. OC XV, 53-62.
Freud S. Malaise dans la civilisation, 1930, tr. fr. OC XVIII, Paris, PUF.
Freud S. L’homme Moïse et la religion monothéiste, 1938, tr. fr. Paris, Gallimard, 1986.
Hegel G. Phénoménologie de l’esprit, 1807, tr. fr. Paris, Aubier-Montaigne, 1977.
Klein M. « Note sur quelques mécanismes schizoïdes », 1946, tr. fr. in Développements de la psychanalyse, Paris, PUF, 1968.
Lévi-Strauss C. Les Structures élémentaires de la parenté, Paris, Plon, 1949.
Winnicott D.-W. De la pédiatrie à la psychanalyse, 1964, tr. fr. Paris, Payot. 1969.
Alberto Eiguer
El doctor Alberto Eiguer es titular de una Habilitation pour la direction de recherches en la Université Paris V, Institut de psychologie, en donde enseña; es psiquiatra, psicoanalista (IPA), presidente de la Asociación internacional de psicoanálisis de pareja y familia y director de la revista Le divan familial (Paris, In Press). Ultima obra publicada: Jamais moi sans toi. Psychanalyse des liens intersubjectifs, Paris, Dunod, 2008. Dirección : 154, rue d’Alésia, 75014 Paris, Francia.