Sulla proliferazione delle scuole di psicoterapia si può constatare che alcuni comportamenti, evidenziati da queste, che prima si ritenevano determinati dall’ambiente,sembrerebbero invece innati.Spesso le varie materie non sono state integrate da modelli di lavoro dimostrati scientificamente, a parte poche eccezioni.
Infatti vediamo che nei programmi di formazione delle scuole di psicoterapia i temi sono marginali rispetto al pensiero dei fondatori, quando non del tutto trascurati.
Molti di questi errori dipendono dal fatto che la psicoterapia (psicanalisi) moderna ha badato meno a tenere il passo con l’evoluzione scientifica e più a costituirsi come movimento istituzionalizzato di persone selezionate in seguito a una serie di lunghe iniziazioni.
Così spesso gli psicoterapeuti/psicanalisti si sono avviati sul pensiero di un fondatore” morto”, col tempo quasi deificato, con una specie di culto della personalità.
Questa chiusura ha dato origine a un modo di fare e a un linguaggio separato dal resto della comunità scientifica: i seguaci del fondatore spesso si limitano a scrivere secondo le linee di pensiero stabilite dal caposcuola, senza porsi il problema se siano compatibili con le nuove conoscenze.
Si finisce così per diffondere una scolastica basata su particolarismi staccati dalla scienza, che spinge a vivere e proporre il modello della propria corrente culturale come una sorta di religione, nella quale si trova la verità.
Oggi sembra che le cose si siano capovolte in quanto è la psicoterapia che ha bisogno di essere guarita da questo ritardo culturale.
La conoscenza dell’evoluzionismo, delle neuroscienze e delle discipline correlate è la via per sviluppare un modello di lavoro che guarda al principio della realtà scientifica.
L’aspetto fondamentale di questo approccio consiste nella determinazione della scienza come qualcosa che può essere ricondotto a una verifica, a un processo capace di confermare la validità dei risultati ottenuti.
Comunque se dall’analisi di tutti i casi particolari del mondo, non è possibile giungere alla formulazione di una legge universale, negata quindi l’induzione come fonte sicura per individuare e distinguere la scienza dalla non scienza, verrebbe da dire che una teoria scientifica è tale se può essere “controllata dall’esperienza”, vale a dire la domanda è se l’esperienza è in grado di fornire una confutazione della teoria stessa.(gruppo operativo)
Quindi “l’intersoggettività”, lo scambio ottenuto tra gli individui, i gruppi, le istituzioni,la comunità (psicologia degli ambiti) costituisce il carattere fondamentale della ricerca scietifica, secondo il metodo e i criteri proposti dal modello della concezione operativa iniziata con P.Riviere e M:Langer in Argentina e continuata da A.Bauleo a Venezia con l’IPSA e da L.Montecchi con la scuola Bleger a Rimini.
I principi fondamentali che strutturano la teoria della scienza trovano una nuova applicazione
con questo seminario per approdare a tematiche socio/politiche, tentando di fornire una lettura del nostro tempo, attraverso una analisi che rifletta sul ruolo del totalitarismo e del marxismo,magari sulla filosofia di Platone e di Hegel per vedere due società: una “chiusa” che presenta una forte struttura dominante sugli individui, all’interno della quale vigono dogmi indiscutibili; l’altra invece“aperta” , che si fonda sul dialogo e sulla critica, POLITICA ritenuta determinante per ogni forma di comunità democratica.
Noi pensiamo anche che opposizioni e conflitti rendano l’attività un momento di progressivo miglioramento se non sono l’unica finalità.
Allora sembrerebbe che due tipologie di società corrispondano anche all’ambito delle scienze, ovvero che la possibilità di un controllo intersoggettivo, critico e condiviso, permetta anche in ambito politico la costruzione di una società capace di superare gli stereotipi per correggersi e perfezionarsi.
Quindi diciamo che la ricerca scientifica ci appartiene per dimostrare che non il possesso della conoscenza fa l’uomo di scienza, bensì la ricerca critica, continua e dinamica dei processi sociali controllati dall’esperienza. Il dibattito si apre su crisi e sviluppo della psicanalisi e della politica.
“Una scuola non ha le sue leggi in sé stessa ma nella società in cui vive” P.Gobetti
Nota: Intervento introduttivo della coordinatrice Laura Bongiorno della Tavola rotonda Psicanalisi e Politica, con Pier Francesco Galli, Franco (Bifo) Berardi,Leonardo Montecchi. La tavola rotonda si è svolta durante il seminario intensivo Psicanalisi e Politica del 18 e 19 dicembre 2009, organizzato a Rimini dal Centro studi e ricerche Bleger.